L’opera prima di Maria Del Vecchio è il risultato di un processo di maturazione stilistica e umana, la prova evidente di come la poesia costituisca una forma d’arte in grado di strutturare la propria “voce” restituendo parola al mondo, nominando i drammi e le gioie della propria esistenza. Come sottolinea Maria Grazia Calandrone nella prefazione del libro «eccezionalmente per la nostra poesia contemporanea, nelle poesie di Maria Del Vecchio ricorre la parola “gioia” e, altrettanto eccezionalmente, viene ripetutamente dichiarata un’inclinazione alla gioia della persona scrivente, un muovere “a favore del sole” e “a scapito della notte”». Fa bene la lettura di “Arimanere”: come scrive l’attrice Sonia Bergamasco, al termine della nota finale che chiude la raccolta, questo libro «porta beneficio».
Arimanere
Se tutte le acque del mondo
volessero piovermi ora
se tutte le acque del mondo
venissero ad inondarmi
io – ferma – non temerei
il diluvio.
Se tutte le acque del mondo,
ma io e te guardiamo la poiana
nella strada che porta
a una casa
né mia, né tua,
né nostra.
Se tutte le acque del mondo,
ma io e te guardiamo la poiana
e prima era stato il falco
quando ancora non sapevo
il tuo dolore,
quando il freddo era
un salasso d’amore.
Sono il cortile soffocato dalle viole
l’alba non si apre dentro di me,
è solo il bastone
che sbarra il portone.
Mi rannicchio, mi chiudo,
le gambe tese emanano strazi
i denti si insidiano
le corde del collo sono pronte
solo per i tuoi baci.
Chi sono stata?
Chi sono?
Chi abitava il vestito
che ora sembra d’una altra?
A chi appartengo,
a quale luogo davvero?
A quale mano di uomo?
Del tempo rintanato
in questo spazio costretto
tu sei il salvatore.
Dilati il respiro
lo segui e lo innalzi
ai disegni delle nuvole.
Manca l’aranceto.
Mancano le tartarughe.
Manca il colle arioso.
Mancano i volti sconosciuti
e le lingue del mondo.
Ma conosco a memoria il vicolo
e l’arco con la malva;
so come la luce s’appiccica
al tufo,
riconosco nel tuo nome
la sedia ancorata al pavimento
della classe;
ascolto un verso, un ritornello
che recita in un fiato solo
arimanere,
a rimanere
a rima nere
ari ma(ni) nere.
Resta una sola mano nella notte nera,
la tua.
*
Innesto
Le tue mani germogliano
nella schiena mia.
Tu, come tronco,
mi sventri.
Io per chi, ora? Io per te.
Tu per chi, ora?
La piazza con la chiesa di sale
mi ha visto camminare a piedi nudi;
Ti rincorro nel fruscio delle foglie fresche,
al tuo portone divengo sabbia
e poi ti soffoco nel sonno.
La mia veste è nuova
io ti rivoglio.
Labirinto di sacche di buio,
non merito cura,
io non appartengo a nessuno,
io non sono che il vento.
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