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Er Corvaccio e li morti

Autore: Graziano Graziani
Prefazione di: Maria Grazia Calandrone
Collana: Interno Libri
ISBN: 978-88-85583-72-6
Data di pubblicazione: 7 aprile 2022
Pagine: 292
Formato: 13×19 cm

15,20

Product ID: 8907 Categoria:
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Questo libro contiene due parti di un unico poema in sonetti romaneschi, ambientato in un cimitero. Il Corvaccio è il custode di questo luogo che, rivolgendosi direttamente al lettore, lo invita a compiere con lui un viaggio tra le tombe e le storie delle persone che vi sono seppellite. Di sonetto in sonetto i morti prendono parola e si raccontano, mentre il Corvaccio ci accompagna per i vari settori del cimitero, dalle lapidi ai fornetti, dalla fossa comune al forno crematorio. Si disegna così una geografia di ricordi, di storie, di modi di dire che raccontano tante diverse facce di Roma, e che vanno a comporre, come indica Maria Grazia Calandrone nella prefazione, «un amaro e soave Spoon River de’ noantri, dove gustiamo a ogni parola la malinconica ironia che sappiamo iniettata in forma e sostanza del dialetto romano».

 

1 – Er Corvaccio

Sarve gente! Me chiameno “er Corvaccio”
e so’ er becchino de ’sto cimmitero
sto sempre qua, pe’ tutto l’anno ’ntero:
scópo le foje e passo co’ lo straccio

a lucidà li marmi de le tombe,
cór pàrtone ’ncrostato de la tèra
che copre gente che mó più nu’ spera
ma dorme e aspetta er sòno de le trombe.

Ce sta de tutto qua: statue, fornetti
e oggni sòrta de tumulature;
e quanno cala er sole su li tetti

in certi giorni er vento, si l’ascórti,
se arza a da’ la voce a le fessure
ma pare ’nvece che a vocià so’ i morti.

 

*

 

105 – Er Corvaccio e la Morte

Volevo da sapé, sorella Morte,
com’è che sei sojevo o dannazzione,
che sei dolore pe’ tante perzone
e pe’ tant’antre quasi bona sorte.

Vojo sapé com’è, pe’ falla spiccia,
che ce s’addanna e che ce s’arovella
fino a rintorcinasse le budella
pe’ poi finì a ’mputridì la ciccia.

Che cianniscónni mai de tanto bello
o de tarmente brutto e innominato
che nun s’ariva mai fino ’a sapéllo?

Vorei sapé, tra fede e disincanto,
si provamo un timore immotivato
o si avvertimo immotivanto incanto.

 

*


199 – ’A libbrara

Mi’ madre me diceva: “È córpa mia
si de la vita nun capisci gnente,
ché te sei bona a legge solamente
ma dar concreto piji e scappi via.

T’ho fatto studià io, madonnamia!
ma me sei diventata ’mpertinente:
’na capisciona! E libbri n’hai tarmente
che finirai pe’ aprì ’na libbreria!”

E così fu: ho aperto ’n negozzietto
che era zeppo de libbri così tanto
che puro a camminà ce stavi stretto.

Er monno è vasto, ce lo so pur’io,
più vasto de li libbri, però intanto,
tra i libbri so’ campata a modo mio.

*

 

Dalla prefazione di Maria Grazia Calandrone

Graziano Graziani ha un modo affettivo e insieme disincantato, di «puntà er naso all’infinito»: vestendo i panni di un becchino straccione chiama immediatamente in causa noi lettori e ci invita a contemplare i morti insieme a lui. Ci fidiamo, ci inoltriamo, e ci troviamo dentro un amaro e soave Spoon River de’ noantri, dove gustiamo a ogni parola la malinconica ironia che sappiamo iniettata in forma e sostanza del dialetto romano […]

Nota biografica

Graziano Graziani è nato a Roma, dove ha imparato a scrivere. È tra i conduttori di Fahrenheit a Radio 3, con cui collabora per diversi programmi. Si occupa di teatro e di libri. Ha pubblicato una raccolta di racconti, "Esperia" (Gaffi, 2008), e due inventari letterari: "Atlante delle micronazioni" (Quodlibet, 2015) e "Catalogo delle religioni nuovissime" (Quodlibet, 2018). Il suo primo romanzo, "Taccuino delle piccole occupazioni" (Tunué, 2020) è stato finalista al premio Megamark.