Le poesie inedite di Piera Oppezzo, per la prima volta pubblicate in un volume che le raccoglie in ordine cronologico, costituiscono un «vero e proprio laboratorio poetico che precede la consacrazione della poetessa avvenuta con “L’uomo qui presente” (1966), l’illustre esordio nella neonata “Collana bianca” Einaudi» (dalla prefazione di Giovanna Rosadini). «Doveva essere il 2009, quando, a circa settantacinque anni, Piera Oppezzo raccomandò all’amico Luciano Martinengo “le sue cose”, prima di lasciarle per sempre: scatoloni di opere pubblicate, appunti, recensioni e lettere da Giovanni Raboni, Enzo Siciliano, Giancarlo Majorino, Milo De Angelis e Giulia Niccolai, che ne avevano letto e stimato affettuosamente la produzione». (dalla postfazione di Gaia Carnevale).
Tempi di guerra
Quel grigio di giorni d’inverno
quando, sola sulla strada
di un paese sconosciuto,
fissavo le pietre fredde
subito coperte dai miei passi,
pensando ai giochi o ad una favola
per non capire la paura
che mi batteva sulla nuca
e credere colpi di tuono
quei boati fra le valli
che mi toglievano all’infanzia.
marzo ’53
*
Sera
Sento come tutto muta
e ancora si converte
in altra luce,
nel traguardo della sera.
Davanti a questa pace
che non ha ragione
a lungo il cuore
resta incerto nella pena
e quasi ha in sé il timore
del riposo e della fede.
Ma è sera, veloce sempre
cresce l’ora e mi convince
del murmure ritorno
d’un ritmo di parole.
settembre ’54
*
Tutta la mia speranza
È nei colori dell’alba.
Il mio grande amore per l’alba
la mia angosciosa fiducia.
Tutta la mia speranza
è nel giorno pieno.
Ma senza la terribile
civiltà organizzata.
È nell’ovatta del tramonto
e nel notturno
ricco, sospeso desiderio.
Non so dove finisce
la mia speranza.
Ha già toccato la musica
ha quasi paura
del mio scattante dolore
puntuale presente quotidiano.
gennaio ’56
*
Presente o assente
Presente o assente
La nostra sofferenza
È qualcosa di intatto
Per sempre.
Mai consumata
Fino al suo esaurirsi
Non arriva nuova
Ma semplicemente torna
Come una stagione
Torna a compiere
I suoi atti naturali.
Nociva e violenta
Per una cosa tenera
Quale la nostra debolezza
La sofferenza ci assorbe.
’61