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I colloqui e altre poesie

Autore: Guido Gozzano
A cura di: Alessandro Fo
Collana: Interno Novecento
ISBN: 978-88-85583-53-5
Data di pubblicazione: 17 novembre 2020
Pagine: 248
Formato: 11×17 cm

12,35

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La collana «Interno Novecento» ripropone la raccolta che consacrò Guido Gozzano (1883-1916) come un classico: I Colloqui (1911). Il libro si arricchisce di una scelta dei più riusciti e celebri testi dell’altra silloge da lui pubblicata nella sua breve vita (La via del rifugio, 1907), e di quelli rimasti dispersi in rivista o del tutto inediti. Ha scritto Montale che Gozzano «entrò nel pubblico come poi non avvenne più ad alcun poeta: familiarmente, con le mani in tasca». E con questo suo porgere studiatamente svagato, ora affettuoso ora ironico, ha ritratto un universo di piccole cose e di vite ‘minori’ (la signorina Felicita, il vecchio custode analfabeta, ma anche le farfalle e le «disperate cetonie capovolte») con un dettato semplice e musicale, forte di un estro inconfondibile. La cura di un poeta-filologo come Alessandro Fo dispone attorno a questa galleria di piccoli capolavori una rosa di apparati che adeguatamente introduce a una voce divenuta ineludibile nella nostra cultura poetica.

 

I colloqui

II

Ma un bel romanzo che non fu vissuto
da me, ch’io vidi vivere da quello
che mi seguì, dal mio fratello muto.

Io piansi e risi per quel mio fratello
che pianse e rise, e fu come lo spettro
ideale di me, giovine e bello.

A ciascun passo mi rivolsi indietro,
curioso di lui, con occhi fissi
spiando il suo pensiero, or gaio or tetro.

Egli pensò le cose ch’io ridissi,
confortò la mia pena in sé romita,
e visse quella vita che non vissi.

Egli ama e vive la sua dolce vita;
non io che, solo nei miei sogni d’arte,
narrai la bella favola compita.

Non vissi. Muto sulle mute carte
ritrassi lui, meravigliando spesso.
Non vivo. Solo, gelido, in disparte,

sorrido e guardo vivere me stesso.

 

*

 

La signorina Felicita
ovvero
la Felicità

VI

Tu m’hai amato. Nei begli occhi fermi
luceva una blandizie femminina;
tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, Signorina;
e più d’ogni conquista cittadina
mi lusingò quel tuo voler piacermi!

Unire la mia sorte alla tua sorte
per sempre, nella casa centenaria!
Ah! Con te, forse, piccola consorte
vivace, trasparente come l’aria,
rinnegherei la fede letteraria
che fa la vita simile alla morte…

Oh! questa vita sterile, di sogno!
Meglio la vita ruvida concreta
del buon mercante inteso alla moneta,
meglio andare sferzati dal bisogno,
ma vivere di vita! Io mi vergogno,
sì, mi vergogno d’essere un poeta!

Tu non fai versi. Tagli le camicie
per tuo padre. Hai fatta la seconda
classe, t’han detto che la Terra è tonda,
ma tu non credi… E non mediti Nietzsche…
Mi piaci. Mi faresti più felice
d’un’intellettuale gemebonda…

Tu ignori questo male che s’apprende
in noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti,
tutta beata nelle tue faccende.
Mi piaci. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.

Ed io non voglio più essere io!
Non più l’esteta gelido, il sofista,
ma vivere nel tuo borgo natio,
ma vivere alla piccola conquista
mercanteggiando placido, in oblio
come tuo padre, come il farmacista…

Ed io non voglio più essere io!

 

*

 

Speranza

Il gigantesco rovere abbattuto
l’intero inverno giacque sulla zolla,
mostrando in cerchi, nelle sue midolla
i centonovant’anni che ha vissuto.

Ma poi che Primavera ogni corolla
dischiuse con le mani di velluto,
dai monchi nodi qua e là rampolla
e sogna ancora d’essere fronzuto.

Rampolla e sogna – immemore di scuri –
l’eterna volta cerula e serena
e gli ospiti canori e i frutti e l’ire

aquilonari e i secoli futuri…
Non so perché mi faccia tanta pena
quel moribondo che non vuol morire!

 

*

 

Tutto ignoro di te: nome e cognome
[Ad un’ignota]

Tutto ignoro di te: nome e cognome,
l’occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.

Ma so che vivi nel silenzio e come
care ti sono le mie rime: questo
ti fa sorella nel mio sogno mesto,
o amica senza volto e senza nome!

Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c’incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.

Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l’amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!

Nota biografica

Guido Gozzano nasce a Torino il 19 dicembre 1883 da genitori di Agliè Canavese, suo paese-‘rifugio’. Dopo la morte del padre (1900), si iscrive a Giurisprudenza (1903), ma non giungerà alla laurea. Debutta con versi in rivista nel 1904. La prima raccolta, "La via del Rifugio", è dell’aprile 1907, e occasiona una sofferta vicenda sentimentale con Amalia Guglielminetti. Proprio allora scopre una lesione polmonare che lo costringerà a molte pause di soggiorni di cura. Dal 1909 le condizioni della madre lo portano a farsi carico della gestione economica della famiglia. È del 1911 la raccolta più importante, "I colloqui. Un viaggio in India" (1912) non ferma la tubercolosi. Muore a Torino il 9 agosto 1916. Oltre alle due sillogi di versi ha pubblicato un libro di fiabe ("I Tre Talismani", 1914). Fra le opere postume che hanno raccolto sue varie prose: "Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India", 1917; "La Principessa si sposa. Fiabe", 1917; "L’altare del passato", 1918; "L’ultima traccia", 1919.