Domesticità, femminilità, sessualità, violenza e passione sono i temi ricorrenti nella poesia di Vicki Feaver – poetessa britannica per la volta prima tradotta e pubblicata in Italia grazie alla curatela di Giorgia Sensi – con una predilezione per la riscrittura di fiabe e miti che fanno pensare ai racconti di Angela Carter in “The Bloody Chamber”. “La fanciulla senza mani e altre poesie” è un’antologia che riunisce poesie oneste e coraggiose, mai sentimentali, che seguono cronologicamente le fasi della vita dell’autrice: dalla bambina insicura che voleva diventare poeta e che diventerà la donna «sepolta sotto il ghiaccio / con parole che dentro bruciano»; all’interno del volume abitano poesie tenere e ironiche sulla sua infanzia, la famiglia, il rapporto a volte conflittuale con la madre, la ribellione adolescenziale, la paura della perdita della memoria, l’avanzare dell’età e delle fragilità.
Marigolds
Not the flowers men give women –
delicately-scented freesias,
stiff red roses, carnations
the shades of bridesmaids’ dresses,
almost sapless flowers,
drying and fading – but flowers
that wilt as soon as their stems
are cut, leaves blackening
as if blighted by the enzymes
in our breath, rotting to a slime
we have to scour from the rims
of vases; flowers that burst
from tight, explosive buds, rayed
like the sun, that lit the path
up the Thracian mountain, that we wound
into our hair, stamped on
in ecstatic dance, that remind us
we are killers, can tear the heads
off men’s shoulders;
flowers we still bring
secretly and shamefully
into the house, stroking
our arms and breasts and legs
with their hot orange fringes,
the smell of arousal.
*
Calendule
Non i fiori che gli uomini danno alle donne –
fresie dal profumo delicato,
rose rosse altezzose, garofani
dai colori degli abiti di damigelle di nozze,
fiori quasi senza linfa,
che si seccano e sbiadiscono – ma fiori
che appassiscono sullo stelo
tagliato, foglie che anneriscono
come bruciate dagli enzimi
del nostro fiato, che marciscono viscide
e dobbiamo raschiare via dall’orlo
del vaso; fiori che esplodono
da gemme chiuse, che si irradiano
come il sole che illuminava
il sentiero della montagna di Tracia,
che noi intrecciavamo ai capelli,
calpestavamo nella foga del ballo,
che ci ricordano che siamo assassine,
capaci di strappare via dalle spalle
la testa degli uomini; fiori che ancora
portiamo in casa di nascosto e con vergogna,
e ci strofiniamo braccia e seno e gambe
con le calde frange arancio,
l’odore del desiderio.
*
The Handless Maiden
When all the water had run from her mouth,
and I’d rubbed her arms and legs,
and chest and belly and back,
with clumps of dried moss;
and I’d put her to sleep in a nest of grass,
and spread her dripping clothes on a bush,
and held her again – her heat passing
into my breast and shoulder,
the breath I couldn’t believe in
like a tickling feather on my neck,
I let myself cry. I cried for my hands
my father cut off; for the lumpy, itching scars
of my stumps; for the silver hands –
my husband gave me – that spun and wove
but had no feeling; and for my handless arms
that let my baby drop – unwinding
from the tight swaddling cloth
as I drank from the brimming river.
And I cried for my hands that sprouted
in the red-orange mud – the hands
that write this, grasping
her curled fists.
*
La fanciulla senza mani
Quando l’acqua smise di uscirle dalla bocca,
e le ebbi strofinato gambe e braccia,
e torace e pancia e schiena,
con ciuffi di muschio secco;
e messa a dormire in un nido d’erba,
e stesi i panni fradici su un cespuglio,
e tenuta di nuovo stretta – il suo calore mi penetrava
nel petto e nella spalla,
il respiro cui non potevo credere
come una piuma a solleticarmi il collo,
mi lasciai andare al pianto. Piansi per le mani
che mio padre mi aveva tagliato; per i moncherini
tormentati dal formicolio di rugose
cicatrici; per le mani d’argento –
me le aveva date mio marito – che filavano e tessevano
ma non sentivano; e per le braccia senza mani
che avevano lasciato cadere la mia bambina – scivolata
dalla stretta fasciatura
mentre bevevo dal fiume rigonfio.
E piansi per le mani che germogliarono
dal fango rossiccio – le mani
che scrivono questo – e stringevano
i ricci dei suoi pugni.
*
Blackbird Shower
I watch a blackbird
showering in a puddle,
yellow beak dancing
in the muddy water
like a chip of sun.
Swapping my wrinkled skin
and shrivelled spirit
for his glossy plumage
and joie de vivre,
I surprise myself
by airily lifting off
the floor, flying through
the window, and hopping
across the gravel
to a rain-filled pothole
where not even the danger
of the sparrowhawk patrolling
can spoil the pleasure
of sinking my breast
into its coolness,
then fluffing out my feathers
and shaking myself,
sending a spray
of glittering drops
over my back and wings.
*
Merlo che fa la doccia
Osservo un merlo
che fa la doccia in una pozza,
becco giallo che danza
nell’acqua fangosa
come una scheggia di sole.
Scambiando la mia pelle rugosa
e il mio spirito raggrinzito
con il suo lucido piumaggio
e joie de vivre,
sorprendo me stessa
librandomi leggera
dal pavimento, volando
fuori dalla finestra, e saltando
sulla ghiaia fino a una buca
che la pioggia ha riempito
dove neppure il pericolo
dello sparviero in perlustrazione
può guastare il piacere
di affondare il petto
nella sua frescura,
poi gonfiando le piume
e scrollandomi,
mi spedisco uno spruzzo
di gocce scintillanti
su dorso e ali.