La terra negli occhi, opera prima di poesia dell’antropologo Franco La Cecla, è un libro compatto e vivace, illuminante e inquieto. Una raccolta in cui spazialità e tempo, luoghi e domande trovano la sintesi perfetta, la forma più adatta, nella parola poetica. La terra d’origine siciliana, poi Parigi, Hanoi, New York, l’India, Buenos Aires e Città del Capo sono alcune delle tappe di un viaggio che scandisce la dialettica costante tra stasi e avanscoperta, nella consapevolezza che da ogni viaggio non si può fare altro che tornare e da ogni ritorno ripartire.
Felicità dei muri, felicità dei chiodi,
ho staccato le pareti, piegato i quadri,
ho raccolto a portafoglio le giacche,
contato le scarpe,
allineato i ghiaccioli,
ascoltato il rumore che fanno i ganci
vuoti.
Ho disfatto il letto, le poltrone,
rovistato gli armadi,
svuotato le cappelliere,
negato le tende.
Ho sceso le scale, staccato le spine,
svuotato i portacenere, ridotto in polvere gli slip,
confuso le calze,
legato i libri, fatto le orecchie
ai giornali,
squinternato le lettere,
e da tutte queste cose
ho tirato via
me.
*
New York
Suona falsa la mia vita
è una nota spese
e nient’altro
ma ci sono affezionato.
Quando saprò che ci sono
altri tasti da suonare
e perderò l’orecchio
per le ripetizioni
allora, in un momento
in cui il maestro è distratto
mi vedrò nudo
all’angolo di Houston.
Capirò che c’è ben poco
da cercare nei bidoni,
che tutti i barboni
sono già passati.
Addormentato, impaurito
che non sa più cosa
temere e cosa no
e chissà magari già
funzionava.
*
Farcela ha un po’ a che fare
con la farsa
ma anche con la farce
con il farcito,
con il dovere di riempire
qualcosa.
Farcela per noi significa
nulla alla lunga
mentre nel breve spesso
significa molto.
Farcela è l’illusione
che siamo noi
a spingere l’esistenza
mentre è lei
che ci conduce.