“La poesia di Gaia Ginevra Giorgi è tellurica, sinestetica e carnale”. Così è sintetizzata l’essenza di un’opera poetica che travolge il lettore in un turbinio di visioni, aperture verso un io che sa essere sensuale, come una “bocca calda e bagnata”, ma anche voce “dei ricordi più crudeli”. La poetessa, come riporta Claudio Pozzani nella prefazione, “in questa raccolta riesce a presentare le diverse anime che la abitano e che, parafrasando un suo verso, si attorcigliano come serpi alla ricerca del punto concentrico, dando vita a un unico solido tronco. In questo viaggio sconfinato tra luce e ombra e tra elevazione e caduta, che inizia con un respiro ingrossato lungo una salita e termina con un pugno di sassi gettati in un pozzo, l’autrice semina il percorso di enigmi che probabilmente non cercano risposta ma solo, forse, di continuare a porsi delle domande”.
la caduta
punto gl’ischi bianchi
li fisso alla sedia
inclino l’arco dell’anca sottile
in un lampo di lava rovescio
il fiume del tuo esserci
liquido seminale
la bocca che uso per parlare
un giardino all’inglese
io sono un albero di fine estate
di tutti i voli
preferisco la caduta
*
Torino Sud ovvero 17/
la tua vita odora d’incisioni
su legno bagnato
scavato
aperto
Torino Sud evapora
sotto il mio sguardo di superstite
io sbavo
fumo blu – dalle diciassette
comincia a diffondersi
secca la sera
tra i nodi dei rami neri
di certi grandi alberi
spiati dal basso della strada
siberiana tra gli scheletri
dei palazzi
poi svanisce
come una costellazione
alle prime luci
d’un’alba gelida
sul diciassette (barrato)
una ragazza orientale – sacerdotessa
di bottiglie di gin
ha – al posto degli occhi –
due piccole lune offuscate
anoressiche e scalze
a volte spara
con la mano
sciamanica domenica
un uomo con immense spalle
da cacciatore di volpi
dalla bocca sputa latta e
tra altri metalli
fischietta
e non si dà pace
io – dal lato mio
do le spalle al conducente
e penso alla tua vita
che odora d’incisioni
su legno bagnato
scavato
aperto
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