“Metroromantici III” inaugura la trilogia «a ritroso» che renderà disponibile, in tre volumi, l’intera opera dei Poeti der Trullo, il collettivo poetico romano del quartiere Trullo di cui ancora oggi nessuno conosce l’identità. Il terzo volume, che raccoglie gli scritti inediti e più recenti, pone in luce un immaginario, come descrive nella prefazione il curatore dell’opera, Graziano Graziani, «complesso e stratificato che, a sua volta, si intreccia e si inanella ad altri immaginari che oscillano tra presente e passato: dal verso rap alla street poetry, dall’attitudine alla versificazione del romanesco all’urban culture, seguendo una mistica della vita di borgata che oscilla tra idealizzazione e denuncia sociale, tra amore e odio per l’ambiente in cui si vive, tra rivendicazione dell’identità e desiderio di rompere la gabbia».
Brace
Da tempo ’sta vita più nun ce seduce
e truce, ce stacca er gas e la luce.
E chi ce conduce er vòto produce
e molti rimpiangono “i tempi der Duce”.
Conosco famije, so’ senza più voce,
e c’hanno ’na croce, ch’è pesa ed atroce,
finiscono i sordi in modo precoce.
Pe’ loro ce vòle un piano, veloce!
Non sono l’esperto, né capo, né vice
ma poco ce vòle a capì la matrice
de quale problema ce sta alla radice:
la casta è corrotta e divoratrice.
E brucia in silenzio un omo che tace,
er giorno a lavoro e ’n’ora de pace.
Er grasso der còre je sfonna er torace,
è ’n pezzo de carne de sopra a la brace.
Ar monno ’e fortune so’ assai selettive,
tu mettice sopra le vie repressive
de chi ce comanna er modo de vive.
È gente incapace… che dà direttive?
So’ teste bacate, so’ menti impedite,
e fanno banchetti e so’ innavvertite.
Col nostro sudore ce se so’ arricchite.
Ce vòle giustizia? Eh no: dinamite.
E vojo vedelli, io, prima che mòro
sta’ senza ’na lira e sta’ senza un lavoro.
Ma famo a capisse: che noi semo un coro
e sopra ’sta brace ce volemo loro.
(Er Bestia)
*
Lascia che
Lascia che t’entri dentro
incessante
il flusso della metropoli.
Lascia che l’occhi tuoi
se posino su tutte le cose
pe’ capirne il senso.
Lascia che il sipario
der Teatro Mondo
s’apra ogni giorno
dopo avé custodito le sue storie.
Lascia che er buio de la notte
sia solo una tappa
tra le stazioni
delle tue città invisibili.
Lascia che cada
’na pioggia universale
sopra li tetti der còre
occupato abusivamente.
Lascia che le lacrime
sciolgano li nodi
che s’annidano ner profondo.
Lascia che ’sta città
sia lo scenario mobile
dei nuovi amori
che ti stanno cercando.
Lascia che la malinconia
sia solo ’na finestra
su quartieri illuminati
della tua mente.
Lascia che er pensiero
respiri profondamente
e soffi senza paura
su tutto ciò che può accadere.
(Marta der III Lotto)
*
Eccesso d’amore
Non mi spaventa che i giorni siano uguali.
Che mia sarà la firma di crisi personali.
Che il buio dentro me mi assuma a tempo pieno.
Che addenserò il caffè con l’odio e col veleno.
No, non mi spaventa che il solo nutrimento
saranno le carcasse di un vecchio sentimento.
Che placherò la sete col piombo liquefatto.
Che il letto resti intatto, logoro, disfatto.
Quel che mi spaventa è l’eccesso che ho d’amore
che straripa dal petto e brucia nella gola,
cogliendomi di notte in un bagno di sudore.
Quel che mi spaventa è non dirti una parola
quando sento ancora esplodermi nel cuore
lo stormo di aquiloni che piange mentre vola.
(Inumi)