La collana «Interno Novecento», grazie alla curatela di Silvio Raffo, riporta in libreria l’opera poetica di una delle più amate e dimenticate poetesse italiane del primo Novecento. Come evidenziato nella lunga disamina introduttiva da Raffo: «Il caso Ada Negri è uno dei più clamorosi esempi di damnatio memoriae della poesia novecentesca. Il suo nome, presente in qualsiasi sussidiario di scuola elementare o antologia della prima metà del secolo, dagli anni Sessanta a oggi è stato impietosamente espunto non solo dai suddetti generi di testi, ma tout court da cronache e critiche letterarie». Il recupero di tale volume antologico, vuole riportare in vita una voce femminile ancora oggi imprescindibile, essenziale per ogni lettore e amante della poesia.
Sonetto d’inverno
Cade la neve a falde larghe e piane
da ore e ore, senza mutamento.
Non una voce, non un fil di vento,
non echi a le casupole montane.
Nei boschi e su le immote alpi lontane
ogni soffio di vita sembra spento:
sotto il bianco lenzuolo è un sognar lento
di piante, d’erbe e di tristezze umane.
Qui, nel camino, ardon le fiamme a spire:
tu mi sorridi: io penso, amico mio,
che dolcezza ha in quest’ora il nostro nido.
Cerco il tuo labbro che non sa mentire,
mi stringo al cor che non conosce oblio,
m’abbandono tremante al petto fido.
*
Il dono
Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d’anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: «È oggi»:
ad ogni giorno che tramonta io dico:
«Sarà domani.» Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.
*
Nostalgia
Ho nostalgia d’un canto
largo, felice, di fanciulle in coro
che ritornin dai campi, alla stagione
dei fieni. E salga il canto oltre le file
delle robinie ai fianchi della strada,
oltre le rase praterie, la curva
dei fiumi, i pioppi de l’opposta riva,
e sia canto d’amore; e con l’aroma
dei fieni empia di sé la mia stanchezza
come un annunzio di gioiosa morte.