Il primo volume di poesia italiana contemporanea dedicato alle generazioni nate tra gli anni Ottanta e Novanta del ’900, a cura di Giulia Martini. Dodici poeti, dei quali si pubblicano i principali lavori inediti e editi, introdotti da altrettanti prefatori, per un viaggio dentro la poesia di oggi e di domani.
Dalla prefazione di Giulia Martini: “Una macchina, un autobus (Guarino); forse l’11 (Vasarri), forse una BMW (Pacini) o una Renault sette posti (Marra); passi (Rimolo, De Gennaro); un aereo al decollo (Borio), una teleferica (Ibello), un’arca (Sinfonico), un treno (Celeste); un bus, che invisibile traghetta (Milleri); non ultima, una ruspa (Giacometti).
Perché tanta ostinazione nei mezzi di trasporto? A leggere i cinquantanove testi che compongono l’antologia, primo esito di un percorso di ricerca per Interno Poesia Editore, la risposta sembra questa: per lottare contro un’assenza, per tornare a casa”.
Poeti antologizzati: Maria Borio, Clery Celeste, Damiana De Gennaro, Manuel Giacometti, Anita Guarino, Giovanni Ibello, Demetrio Marra, Dimitri Milleri, Bernardo Pacini, Eleonora Rimolo, Damiano Sinfonico, Francesco Vasarri.
Prefazioni di: Davide Castiglione, Marco Corsi, Roberto R. Corsi, Michele de Virgilio, Riccardo Donati, Andrea Donna, Mario Famularo, Ilaria Grasso, Valerio Nardoni, Michele Ortore, Italo Testa, Davide Zizza.
Estratti da “Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90. Vol. 1″:
Avevo degli amici bellissimi, a vent’anni,
icone o stereotipi da film.
Diventavano tanti volti sfaccettati, ubriachi ed ostili,
le mani sugli strumenti e i riccioli scomposti e sudati,
appoggiati sul tavolo a lasciar evaporare l’umidità con il calore.
Tu c’eri. Io, no. Il nostro non-incontro nei luoghi.
Qualcuno mi dice spesso: -“Sai? C’era anche lui.”
Ed io, in silenzio, a pensare che non c’ero.
Sono sempre altrove rispetto a te. E viceversa.
Vorrei ancora una volta, come una volta,
tu ed io nello stesso luogo, alla stessa ora, come un appuntamento.
-“A domani!”
di Anita Guarino
*
Voce
I
Una voce ci raccoglie nella mente. Il suo spazio
è un equilibrio fra due mediane: la voce che sembra
conficcata su uno spillo e due mediane che la attraversano.
La terra dove viviamo esiste come una voce senza equilibrio.
Pensiamo le sue parti: sud e nord divisi che irradiano persone
flussi di persone, congiunzioni o schianto.
di Maria Borio
*
Odoravi i piracanti del diavolo.
Era la tua maniera di portare
al collo quei reperti di miniera:
piriti e lapislazzuli avvolgono
il décolleté dei tuoi ritratti armeni.
di Manuel Giacometti
*
Quella cucina strappata dal calendario.
Il dislivello di una gioia
in cui sono picchiato per errore.
L’origano che perdona dal vetro
lo sguardo colmo di notti.
Ogni cosa, tale e quale
dolora in garanzia
nell’imballo originale.
di Bernardo Pacini
*
La funzione non è durata molto,
poi le macchine in processione:
abbiamo varcato il cancello,
la terra profumava di crisantemi.
Ci siamo avvicinati alla fossa,
è stato sciolto il fazzoletto:
il becchino ne ha guidato il contenuto,
è sceso senza suono.
Era da un libro che ci congedavamo.
Qualcuno ha versato una lacrima.
Ci siamo diradati in fretta
tra saluti distaccati.
Qualcuno ha detto: “ha smesso di soffrire”,
e qualcuno ha fatto eco:
“sì, ha smesso di soffrire”.
di Damiano Sinfonico
*
A quanti lutti, sempre a qualche lutto
dovrò rifarmi per immaginarmi
di un certo peso, in qualche modo arreso
alla coscienza, anch’io coinvolto in quanto
intanto andava, proseguiva, andava,
mi sterminava intanto.
di Francesco Vasarri
*
La mia estasi rimane
lettera morta sul greto.
Brindo al disamore
al cuore profanato nell’acquaio
agli insetti fulminati nell’insegna.
Ci lega la parola feroce,
una giostra di penombre.
L’incanto di una teleferica,
l’esatto perimetro di un grido.
Tu che muori
in quell’assillo di aranceti
che ritorna.
Era l’affanno antico,
l’anemone del giorno
divelto sopra i silos.
di Giovanni Ibello
*
Il lavoro è ricominciare a cicli
come gli anni e i criceti nella ruota.
Stesso posto macchina, il sorriso
abbinato al camice, i pulsanti e anche le frasi.
Ma le frasi, chi torna dei miei pazienti
le riconosce le frasi sempre uguali?
Lo scarto della routine sta in loro
nelle ultime richieste di aiuto.
di Clery Celeste
*
A volte la macchina del mondo si ferma
con un lungo fischio ed io non so
quale passato usare mentre riposi,
se tu mi sia remoto o prossimo. Come un fossile
la parola segnala il resto parziale di un organismo,
di una cosa che c’era e che c’è: la scheggia
di un tuo dente perduto a scuola da bambino,
l’anello che porti sull’orecchio destro
e tutto quanto ti fa vivo e primitivo
dentro quell’orma sul pavimento,
traccia ovale del risveglio, esempio di partenza.
di Eleonora Rimolo
*
Hanno una solitudine le scale
così spoglie dei suoi passi
e un silenzio circolare
che fa rapprendere le ore –
l’ultima volta che l’ho vista
le saliva, come sempre, divertita,
e aveva parole di stupore, ah!
Temevo di non vederti più –
Sotto una piovosa estate appena nata,
mi porgeva un sacchetto fuori moda
con la sua risposta alla mia non-lettera d’amore
e il romanzo “in una notte di tempesta”
Stringendo entrambe le mie mani
negli occhi le tremava
un bagliore arcano di farfalla
che sorvola i grattacieli.
di Damiana De Gennaro
*
DAZN
Ieri nel sogno con Pepè in Skype call,
come se nell’inferno ci fosse un corso per down
di aggiornamento informatico, ecdl. Mi ha detto
strascicando la mascella che va
tutto bene, che aspetterà che Dio
gliela mandi buona. E io: guarda tu,
come sei sciupato, sei tutt’ossa: ha riso
come vivo lo sfottevamo papà e io
e tra i vetri delle bottiglie col tappo a macchinetta
gli si distorceva il muso.
di Demetrio Marra
*
Corrispondenze
Corrispondenze? Certo, come ieri:
dall’aula quattro si sentiva esatta
l’intonazione in limonaia del fagotto
col l’eco di una sega circolare.
Però la nostra è una vita che approssima
nel più dei giorni
come i rastrellamenti.
E quando accade, quando
l’aspettativa prende posto nel reale,
è sempre un terzo, vedi, a rivelarlo,
restando escluso dal miracolo non meno
di chi lo vive senza nominarlo.
di Dimitri Milleri
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