Matteo Pelliti prosegue il suo percorso in poesia con una raccolta che organizza i testi intorno ai concetti di margine e di scrittura, indagandone i rapporti e sviluppando le suggestioni che l’espressione stessa “scrivere sul margine” può evocare, dagli usi letterali a quelli più metaforici, dallo spazio tipografico a quello sociale. Si alternano così tre tavole, o sezioni, in cui quella centrale, che titola la raccolta, è una specie di gioco combinatorio in cui le singole poesie cedono parti di significato – parole, indizi segnati sul margine della pagina – per ricostruire un testo sintetico che le riassuma tutte; le altre due sezioni, a cornice, si alternano tra vocazione aforistica e slancio narrativo. A dialogare in modo silenzioso con le tre sezioni si trovano trentadue illustrazioni inedite di Guido Scarabottolo, disegni tracciati su carta carbone in cui, in un fitto reticolo di linee, gli oggetti quotidiani appaiono come reperti posti fuori dal tempo e disposti a suggerire mille storie potenziali.
Fare poesia
Preso un bastoncino sintattico,
s’inizi a farlo ruotare lentamente
nella conca di metallo,
qui una resistenza elettrica scalda
lo zucchero e i coloranti
trasformandoli in parole.
*
Un grande classico
dello scrivere sul margine
è saper spettare, non aspettare
ma sostare nell’attesa,
controllando le emozioni
come Ulisse che dice
“Sopporta, mio cuore”,
emblema occidentale
d’autocontrollo.
Aspettare è uno scrivere sul margine.
*
Viaggio ai margini della notte
Il primo sonno lambisce il divano,
reperto degli anni Settanta
il secondo sonno
si allunga sul pavimento
accanto al lettino,
veglio un sonno altrui,
piccino
il terzo sonno recupera
il talamo che,
se siamo in urto
o meno, diventa malato
il quarto sonno
ritorna al divano che già
era occupato nel terzo,
come detto, in caso di
attrito coniugale
il quinto sonno reclama
un chiropratico, o un fachiro,
è un sonno da ghiro
che non si arrende all’alba,
ed è ancora lì accanto al lettino,
la notte è finita,
ormai è mattino.
*

© Guido Scarabottolo