L’opera prima di Daria De Pellegrini viene da molto lontano. La sua pratica poetica attraversa la storia personale, che è anche esistenza comune, voce privata che bussa alle porte di molte case italiane. Come scrive Franca Mancinelli nella sua prefazione: “queste poesie si incidono nel lettore come «spigoli vivi»: richiamano a un contatto con la parte della realtà che tendiamo a dimenticare, a scansare, da cui siamo solitamente difesi. Lo spazio in cui siamo condotti è infatti quello più quotidiano e familiare, reso ostile da un dolore che appartiene alla natura stessa delle cose. Lo sguardo di Daria De Pellegrini è educato a riconoscerlo nelle vicende di ogni giorno, negli interni domestici, come nel paesaggio devastato, stagnante, in cui rispecchia la propria vita”.
il senso dell’assedio
me lo sono portata dietro
dalle nevi dell’infanzia
che colmavano in silenzio
strade fossati e davanzali
come bicchieri all’orlo
e per me che del latte appena
munto odiavo anche la schiuma
necessità è rimasta rintanarmi
dietro a una finestra chiusa
ad aspettar che passi.
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