La nuova raccolta di versi di uno dei poeti più interessanti della sua generazione. La poesia di Nicola Bultrini negli anni ha acquisito una propria identità e personalità che la rendono non solo riconoscibile, ma di grande forza espressiva ed evocativa. Se lo sguardo dell’autore è sempre rivolto all’esterno, in questi testi l’adesione al reale è assoluta. Alta è la tensione sui fatti della vita, le stagioni, le persone, le occasioni, la memoria. Il dettato è asciutto ed essenziale, i versi si impongono in maniera diretta, frontale. Al tempo stesso la scrittura si fa densa e riflessiva, con immagini schiette, che nulla concedono alla retorica o a soluzioni di facile conforto. Il quotidiano del vivere è letto tra epigramma e idillio, il canto ha il ritmo dell’umano basso andare avanti, commovente perché vissuto con amore, ma anche straziante, duro, implacabile; la prospettiva però, volge sempre verso un orizzonte più ampio, misterioso e nobile al tempo stesso.
Adesso ho da dire qualche cosa
i giorni disuguali, le spezie sul fondo
del vino, l’odore pomeridiano dell’erba
l’oro, una nuvola di schegge.
E dunque ricapitolando, prima
di nascere ero in paradiso
in una pancia, poi sono cambiato.
Le cose che vedi le faccio con il corpo.
*
Davvero contento non ti ho visto mai.
Me la ricordo la gita in terza, il treno
che faceva plausibile il rancore.
A me puoi confidarlo senza pudore,
ti ruba il fiato la malinconia.
Forse per questo dici, tanto
ti piace il temporale, il cielo
che tuonando impreca al posto tuo.
*
La grazia è di cose che non hanno
attenzione. Le cose appoggiate
animali in attesa che guardano.
La storia è l’ombra di un vetro
ma noi possiamo ancora imparare
quando ogni incanto sembra perso
si può tornare, fare apprendistato.
Una certa luce, come di pomeriggio
le domeniche di polvere, poi
l’aria di terra e finalmente nevica.